DRAGHI FU, VOTO SARA’, PRESENTE DA COSTRUIRE

E’ finita. Dopo la scandalosa lasciata del Presidente del consiglio Draghi, che nonostante la maggioranza parlamentare ha deciso comunque di dimettersi, proprio come ci si dimetterebbe da una qualsiasi azienda, alla fine hanno deciso di dare la parola ai cittadini. Prima di tutto ciò abbiamo assistito alla pagina politica più triste dell’epoca repubblicana italiana. Non era la prima volta che tentava di liberarsi da questo fardello, ma stavolta ci è riuscito e a pensar male ha scelto il momento giusto per stare al largo dal caldo autunno che ci aspetta. Il pretesto sono stati i 5 stelle, indeboliti dalla scissione, politicamente giovani e facilmente attaccabili ma anche opposti alla generale accondiscendenza e quindi pericolosi (vi ricordate quando il Conte 2 cadde a causa di disaccordi sul PNRR?).

Mario Draghi ha una idea di comando che surclassa il sistema parlamento, naturale espressione della Costituzione e garante di una certa qualità di democrazia e pluralismo. E questa idea, che molti confondono con il presidenzialismo, non è altro che autoritarismo. L’autoritarismo è il modus operandi del neo-liberismo, di cui è impregnata l’Unione Europea in quanto si è costituita su tali basi, snaturando completamente l’idea di democrazia e Costituzione italiane e le soggettività di ogni altro singolo paese. Appiattendo le unicità e standardizzando per giocare al libero mercato, non si è fatto altro che copiare pedissequamente il sistema americano che con le origini dell’Europa non ha niente a che fare. I risultati di questo scempio li vediamo tutti, ma nonostante le valanghe di disoccupati, precari, delocalizzazioni, sanità in ginocchio, guerre e povertà, c’è ancora del margine, almeno per il nostro paese.

L’Italia è un popolo di risparmiatori, di quelli che si comprano la casa, che conservano i buoni fruttiferi e fanno spese oculate da generazioni: una montagna di capitale non ancora eroso dalle banche, che però fa tanta gola. Con la scusa che sono le regole del gioco, mamma UE ha tutto l’interesse a far implodere questo sistema per avere più investitori, più concorrenza, anche se questo comporta snaturare ciò che è per costituzione proprietà pubblica dei cittadini. Si perché esiste un patrimonio pubblico, la cui erosione è cominciata nel 1992 con il Trattato di Maastricht e la nascita della UE proseguita con la svendita dell’IRI, le liberalizzazioni (leggi privatizzazioni), il jobs act, la svendita di beni artistici, quelli del demanio ecc. chi meglio di Mario Draghi avrebbe potuto interpretare il “braccio armato” della UE scavalcando i tempi del nostro Parlamento?

Sotto mentite spoglie è in ballo questo: lasciare che decida il mercato (sistema per niente equo) o lasciare che decidano i cittadini rappresentati dal parlamento (si lo so che abbiamo una classe politica pessima). Allora perché una persona preparata come Mario Draghi avrebbe non dovuto sapere come funziona il parlamento italiano, e dimettersi pur avendo la maggioranza? La maggior parte della stampa mainstream (che ormai appartiene tutta ai soliti 3-4 industriali che se la sono comprata) ha descritto la situazione come se i 5S avessero provocato la crisi e che il Governo non avesse la fiducia. Fortunatamente qualche giornalista ha fatto il proprio dovere sottolineando proprio che il governo aveva la fiducia, ma Draghi voleva comunque dimettersi. Non essendo possibile, Mattarella , che tuttavia ce lo aveva proposto, lo ha rispedito alle camere.

La figura dell’uomo solo al potere, cozza decisamente con l’idea che i nostri padri costituzionali avevano quando hanno scritto la Costituzione per prevenire situazioni di questo tipo. ma la retorica dell’uomo solo, del leader, del padre che si occupa della famiglia è fin troppo usata e ancora fa breccia in un paese che tutto sommato è ancora molto cattolico e patriarcale. Non piace a tutti ma è una semplificazione comoda: un buon padre di famiglia può agire solo per il bene dei propri cari e va lasciato agire, che scocciatura tutti gli altri che si vogliono mettere in mezzo!

Provate a pensare a un padre che in una famiglia reale ha una figlia che si vuole far suora, un figlio con la depressione, un altro che voglia studiare e una moglie che non può più lavorare perché ha un tumore, e decida chi è più utile dell’altro autonomamente e di investire i suoi soldi solo per il figlio che vuole studiare. E gli altri che fine faranno? La suora non si farà suora perché deve lavorare, la madre si accontenterà di non provare il nuovo protocollo costoso di terapia e morirà prima, il depresso tenterà il suicidio fino a riuscirci e il figlio che studia si sentirà in colpa per sempre oppure diventerà un performantissimo egoista. Ma, si dirà, quel padre ha fatto tutto il possibile, la sua decisione è stata sicuramente la più opportuna. Provate a immaginare invece un padre nella stessa situazione che però chiede a tutti i diretti interessati come possono aiutare e a cosa possano rinunciare per il bene della stessa famiglia? La suora rimanda la sua entrata in convento e inizia a dare ripetizioni, il depresso organizza un crowdfunding per curare la mamma sentendosi utile anche lui, il figlio che studia decide di studiare da pendolare e di trovare un lavoretto part-time e il padre va in aspettativa per assistere meglio sua moglie. Diversa la prospettiva vero? Ecco il parlamento dovrebbe servire a questo.

Nel discorso di Draghi al Senato il Premier ha detto: “non voglio pieni poteri come è stato detto” ma l’implicito delle sue azioni pre e post dimissioni dice l’esatto contrario, le sue dimissioni non sono casuali. Sapendo bene come funziona il parlamento italiano, luogo dove le discussioni sono lunghe ma garanti di espressione di tutti, dove se un emendamento non piace alla maggioranza la legge non va in porto, ecco che l’unicum di proposte di una sola persona al potere non è tecnicamente possibile. E lo stesso possiamo ravvisare parafrasando il resto del suo discorso: 1) dovete fare quello che dico io, il parlamento non deve più servire a niente; 2) Dobbiamo stare lontano dall’autoritoritarismo (quello che uso io ha cambiato nome); 3) l’ambiente viene dopo il profitto; 4) più flessibilità per i pensionati (non dovrete più andare in pensione perché lavorerete fino a che schiatterete, le pensioni saranno troppo basse quindi alla fine non ci andrà quasi nessuno) ; 5) ce lo chiedono gli italiani (non si sa quando visto che non votano da un bel po’).

Ora, giornali osannanti, partiti pure, sindaci supplicanti (1861 su 7904 comuni italiani), intellettuali disperati, tutti a chiedere a Mario Draghi di restare. Ma davvero abbiamo bisogno di questo? Davvero siamo così pigri da non potere cercare altre soluzioni, persone, idee? Da non essere più in grado di partorire una idea politica diversa dalla unica rassegnazione al potere del mercato e della performance? Dal credere che valiamo solo se produciamo? Abbiamo perso tutta la fiducia e la creatività, impegnati come siamo a sopravvivere in una delle epoche più difficili dal dopoguerra, a vivere per lavorare, a riempirci di superficie perché il resto non lo possiamo più riempire con niente perché non ne abbiamo il tempo. Al di là delle elezioni, che nonostante il nostro ordinamento preveda la possibilità di governi tecnici, a un certo punto sono necessarie, vogliamo davvero gettare la spugna e credere a chi ci dice che non c’è niente da fare e l’unica alternativa è questa?

Quando al mio paesello di origine chiedo se hanno la taglia 40 del pantalone che mi piace mi rispondono che non esiste. Lo dicono perché non ce l’hanno loro ma basta spostarsi di qualche chilometro e trovare quei benedetti pantaloni.

Lascia un commento